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Il paesaggio
del golfo, da
qualsiasi
settore lo si
guardi, è sempre
dominato dalle
Apuane, che
fanno da sfondo
al suo magnifico
scenario. Dal
largo, la veduta
di costa ha
qualcosa di
comune col
litorale
dell’Andalusia
mediterranea,
cui fa
analogamente da
sfondo la catena
della Sierra
Nevada, ricca di
memorie
moresche. Ma,
avvicinandosi,
altre quinte
suggestive, Capo
Corvo (il monte
Caprione degli
antichi
Lunigianesi), le
tre isole, le
costiere
anteposte, anche
nella struttura,
di Lerici e
Porto Venere, la
grande lunata
del golfo, danno
al quadro una
carica di
pittorico che
può stare al
pari - se
proprio non le
supera - con le
più rinomate o
famose vedute
panoramiche
della penisola.
Tutto ciò è
stato oggetto di
ammirazione e di
esaltazione da
parte di
scrittori
dell’antichità e
moderni, nonché
di poeti,
rimanendone
memoria anche
nelle radici
toponimiche
delle località.
Ed è, ad
esempio,
sintomatico che
Bonaparte, nel
creare la nuova
Repubblica
Ligure (1797)
costituisse il
territorio della
Spezia in «
Distretto del
Golfo di Venere
».
Passando dalla vista d’insieme al
dettaglio, il
superbo
paesaggio svela
tutte le
lacerazioni e le
deturpazioni
apportatevi
dagli uomini,
vuoi per
esigenze
militari, o per
male indirizzata
speculazione, o
per innato
cattivo gusto e
spirito
distruttivo di
un po’ di tutti.
Fa quindi bene «
Italia Nostra »
a battersi a
fondo per
salvare il
salvabile delle
bellezze del
nostro golfo,
oggi che
l’attrazione
esercitata dal
paesaggio incide
così fortemente
sul turismo e
questo soffre di
ogni
manomissione o
sconvolgimento
ad esso
apportati
(interramenti
marini,
distruzione di
spiagge e
scogliere,
distruzione del
verde,
deviazioni di
strade
panoramiche e
via dicendo). Ma
anche, e
specialmente,
della cattiva
manutenzione e
dello stato di
disordine e di
abbandono in cui
bellezze
naturali ed
attrattive
storiche sono
mantenute.
Vorremmo, in primo luogo, accennare allo
stato di pietosa
inaccessibilità
dell’isola
Palmaria.
Apparentemente
essa è aperta
alla libera
circolazione dei
gitanti (non
tutti,
purtroppo,
riguardosi e
prudenti); ma
come circolare?
La grande strada
ex-militare che
dal Terrizzo
porta alla
sommità è tutta
una petraia e
l’avventurarvisi
è un anticipo di
purgatorio; la
strada detta «
dei condannati »
è stata
sconvolta e resa
impraticabile
dagli incendi
dei boschi
attigui;
sconvolti ed
impraticabili i
sentieri per il
semaforo ed il
Pozzallo! Eppure
in quest’isola
(di Robinson
Crosue!) vive
gente che paga
le tasse, vi è
qualche villa e
vi sono resti di
oliveti...
Anche le falde del Muzzerone e della
Castellana
sembrano
avviarsi allo
stesso destino;
ma ciò che più
offende l’occhio
è lo stato di
deperimento
delle pinete
litoranee del
Cavo, che la
sovrintendenza
alle belle arti
considerava fino
a qualche anno
fa d’interesse
panoramico, con
i relativi
obblighi per i
proprietari.
Questa
Fiascherino di
Porto Venere, a
malgrado
dell’insuperabile
belvedere
costituitovi
dalla nuova
litoranea a
senso unico, va
cadendo, ogni
anno di più, nel
banalismo dei
panorami
convenzionali.
Della trascuratezza con cui sono tenute le
antichità di
Porto Venere «
La Nazione » si
è occupata
ripetutamente.
Ora la
aspettativa dei
portoveneresi è
tutta
concentrata sui
promessi
miglioramenti
portuari; ma
vorremmo
domandare:
esiste un piano
tecnico ben
ponderato e
concordato su
quanto si vuoi
fare? Porto
turistico o
semplice
miglioramento
atto a dare
maggior respiro
alle normali
esigenze dei
paese? O porto
misto che possa
rispondere
meglio ad
ambedue le
esigenze?
Nel primo caso, è da tener conto che la
baia di Porto
Venere, con le
sue profonde
insenature, è
già di per sé un
porto naturale
più che sicuro;
che un porto
turistico,
inteso
modernamente
richiede
attrezzature e
mezzi di
servizio e
manutenzione
assai costosi e,
fra l’altro,
l’accesso delle
macchine alle
calate, ciò che
a Porto Venere —
come a Lerici —
è stato
giustamente
inibito. Mancano
inoltre a Porto
Venere le
condizioni
locali per spese
vistose, che
solo possono
permettersi
località
residenziali di
alta classe.
Del resto, Porto Venere ha più bisogno di
un razionale e
comodo
banchinamento
che di un
porticciuolo
chiuso, ed il
banchinamento
dovrebbe essere
esteso, a nostro
parere, a tratti
appropriati
della riviera
dell’Olivo. Il
vecchio
porticciuolo
potrebbe esser
reso più
funzionale
mediante
l’adeguato
allungamento
dell’attuale
molo Dondero e
del pontile di
sbarco centrale.
Ciò basterebbe a
tutti gli
effetti.
Non sono augurabili nuove discariche al
mare per
costituire
posteggi
automobilistici,
potendosi
all’uopo
utilizzare
l’ampio spazio
nella cala
dell’Olivo.
Meglio sarebbe
utilizzare i
detriti
nell’ampliamento
razionale delle
spiagge
balneari, dando
ad esse assetto
definitivo e più
decoroso, nella
considerazione
che nella
stagione
propizia il 40
per cento del
movimento
turistico (4000
macchine
giornaliere in
media nel mese
d’agosto) è
costituito dai
bagnanti.
Concludiamo con le parole del ministro
Corona: « al
vocabolo turismo
dobbiamo
sostituire la
espressione
industria
turistica
». Ed industria
significa
tecnica. Anche i
problemi del
turismo vanno
trattati su base
tecnica e non
più lasciati
all’arbitrio
dell’empirismo e
della
speculazione.
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